La celesta (nota anche come celeste o celestino) è uno strumento musicale idiofono, ossia che produce il suono mediante il materiale stesso di cui è composto senza l'ausilio di parti poste in tensione: nel caso specifico si tratta di uno strumento idiofono a percussione, il cui aspetto è simile a quello di un pianoforte verticale di piccole dimensioni. Il suono viene prodotto da alcune lamelle di metallo sospese tramite un sistema di martelletti e comandate da una tastiera (lo stesso sistema viene applicato al pianoforte) e da una pedaliera. Produce un suono ovattato, dolce e chiaro. In quanto variante dello xilofono, con lamelle di metallo al posto di quelle di legno, la celesta (come il glockenspiel) è classificata tra i metallofoni. La celesta fu inventata nel 1886 dal costruttore parigino di armonium August Mustel, sulla base di uno strumento ideato da suo padre, Victor Mustel, nel 1860. Lo strumento di Victor Mustel, chiamato Dulcitone, era formato da dei diapason che venivano percossi da martelletti azionati da una tastiera. La celesta è stata utilizzata anche da musicisti rock e pop, ricordiamo innanzitutto alcune registrazioni degli anni quaranta, per la Columbia, di Frank Sinatra, tra cui I'll Never Smile Again, poi i Velvet Underground nella celeberrima Sunday Morning. Tra gli altri gruppi che hanno utilizzato la tipica sonorità dello strumento segnaliamo The Beatles (Baby, It's You), The Beach Boys (Girl Don't Tell Me), Buddy Holly (Everyday), e i Pink Floyd (The Gnome e la versione di Mother usata nel film The Wall).La celesta fece il suo primo ingresso in un'orchestra sinfonica nel 1892 nel balletto Lo schiaccianoci, di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Tuttavia altri sostengono che la celesta venne impiegata per la prima volta in una piccola orchestra nel dicembre del 1888 da Ernest Chausson per il brano La tempête. Dopo il successo ne Lo schiaccianoci, la celesta venne usata da Richard Strauss nell'opera Ariadne auf Naxos e Giacomo Puccini nella Tosca. Anche altri compositori come Mahler nella Sinfonia n. 6, Stravinsky nel suo Requiem, Bartók nel suo brano Musica per archi, percussione e celesta, Holst nel suo brano I pianeti, Debussy nel brano Les Chansons de Bilitis, Schöenberg nell'opera Herzgewachse. Anche Léo Delibes e Théodore Dubois fecero uso della celesta nelle loro composizioni. Se Stockhausen esasperò l'aspetto melenso, gli allievi della scuola di Cage, in primis Feldman, fecero un ottimo utilizzo della celesta. Non si può a questo punto non ricordare che anche la musica d'avanguardia e il jazz hanno utilizzato e utilizzano tuttora questo strumento, con il quale i musicisti riescono a creare atmosfere di particolare intensità sfruttando le sue particolari sonorità. Vale la pena di citare a questo proposito lavori come The Survivor's Suite del 1977, dove Keith Jarrett, affiancato dal suo quartetto americano (Dewey Redman al sax, Charlie Haden al contrabbasso, Paul Motian alle percussioni), si cimenta in una performance davvero interessante. Altri esempi di utilizzo della celesta li troviamo in alcuni album del musicista svedese Lars Danielsson, Pasodoble del 2007, Tarantella del 2009, in cui lo strumento viene suonato dal pianista polacco Leszek Mozder e accompagnato dalla tromba di Mathias Eick, dalla chitarra di John Parricelli, dalle percussioni di Eric Harland. La celesta ha una forma simile a quella di un piccolo pianoforte verticale. La sua tastiera, formata generalmente da un'estensione che va dal Do3 al Do7, aziona dei martelletti che percuotono una serie di lastre d'acciaio intonate per semitoni, fissate ciascuna su una cassa di risonanza. Il suono, molto dolce, chiaro, vaporoso ma privo d'intensità, può essere ampliato attraverso l'uso del pedale di risonanza. La notazione corrisponde a un'ottava più sotto rispetto ai suoni realmente prodotti.
StuPanda
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