Con il termine liuto si intende secondo la classificazione Hornbostel-Sachs, la particolare famiglia di strumenti cordofoni composti da un manico sul quale l'esecutore preme con le dita le corde nelle posizioni opportune, e da una cassa armonica. In un'accezione ristretta il vocabolo indica lo strumento a corde europeo, liuto barocco o rinascimentale. Tale famiglia di strumenti trova larga diffusione in tutto il mondo. Il liuto, o laùto, strumento principe del Rinascimento, fu portato in Europa in epoca medievale dagli Arabi, che esportarono anche il termine: al'ud (العود), divenuto liuto (Italia), laúd (Spagna), luth (Francia), lute (Inghilterra), Laute (Germania) ecc. L'articolo al si agglutinò al sostantivo 'ud, come nel portoghese alaúde, mutando secondo le varianti linguistiche locali. In epoca rinascimentale non era ancora chiara l'etimologia della parola, tanto che Vincenzo Galilei, padre di Galileo Galilei e tra i più brillanti e attivi frequentatori della Camerata de' Bardi, credeva che l'origine del termine fosse da ricercare nella completezza dello strumento, che essendo di grande estensione poteva intavolare l'intera gamma delle humanae voces, comprendente sette esacordi (tre duri, due naturali e due molli, ma sempre formati dalle sei sillabe da UT a LA o viceversa), secondo la complessa teoria esacordale di origine medievale (solmisazione):
« Fu portato à noi questo nobilissimo strumento da Pannoni, con il nome di Laut… volendoci con esso dinotare essere degli estremi suoni musicali capace… e tornando alla Timologia del Liuto, dico essere stati altri di parere, ch'egli fusse detto lauto; cioè sontuoso, magnifico, nobile, & splendido » Un'altra classificazione diffusa è quella di denominare i liuti in base alla lunghezza del manico. Si parla quindi di liuto a manico corto, per esempio il pipa (strumento musicale) cinese, o a manico lungo, quali lo shamisen giapponese. Strumento musicale a corde pizzicate, con cassa armonica piriforme; di origine orientale, fu importato in Europa durante il Medioevo e raggiunse la massima diffusione nel XVI secolo. Il guscio del liuto, forse in origine ricavato da un unico blocco di legno, fu in seguito sempre costruito con doghe di legno. Il manico, è complanare alla tavola armonica: a esso è fissato, ortogonalmente, il cavigliere a spatola che è reclinato. Una serie di legacci di minugia divide il manico in otto o nove parti, dette tasti. Gli ordini di corde del liuto rinascimentale sono generalmente sei, tutte doppi, a eccezione di quella più acuta (cantino). L'accordatura varia secondo il tempo e il luogo, ma rispetta in genere questa successione: due quarte, una terza maggiore, due quarte. Lo strumento era suonato con un plettro o anche, per ottenere maggiore morbidezza e fluidità d'esecuzione, con le dita nude. La musica per liuto era scritta con un particolare sistema detto intavolatura. Nel XVII secolo il numero delle corde basse aumentò; il liuto giunse così ad avere sino a undici corde. Si ebbero allora vere e proprie famiglie di liuti, variamente accordati; a causa dell'aumentato numero delle corde basse il manico dello strumento fu allungato e vi si aggiunse un secondo cavigliere superiore, cui erano fissate le corde gravi, suonate a vuoto. Questi strumenti presero il nome di arciliuto, liuto attiorbato, e tiorba. Il repertorio della musica per liuto a noi pervenuta si estende dal 1507 (anno nel quale comparvero, a Venezia le prime intavolature dell'editore Ottaviano Petrucci) sino al 1770 circa. Il liuto occupò un posto di considerevole rilievo nella vita musicale, specie nel XVI sec., quando ebbe la stessa diffusione e la stessa versatilità d'impiego raggiunte nell'Ottocento dal pianoforte. Le fonti cinquecentesche comprendono sia composizioni originali per lo strumento (danze, quali pavane, gagliarde, passamezzi, saltarelli; ricercari, fantasie, variazioni; preludi di carattere improvvisatorio), sia molte trascrizioni di brani vocali, profani e sacri.
I più eminenti compositori di musica per liuto furono:
Nel XVII secolo la musica per liuto fu coltivata particolarmente in Francia e in Germania, mentre in Spagna e in Italia lo strumento cominciò a declinare, di fronte all'affermarsi della chitarra e del violino. Il repertorio comprende in questo periodo principalmente preludi e danze (allemande, correnti, sarabande, gighe, ecc.) composte prima separatamente e in seguito riunite in suites. Le personalità di maggior rilievo sono Denys Gaultier in Francia, Esaias Reusner in Germania. In questo paese il liuto ebbe cultori anche nel xviii sec.: tra essi emerge Sylvius Leopold Weiss; J. S. Bach scrisse quattro suites, due preludi e due fughe per liuto; Haydn alcune Cassazioni. Si ha prova dell'esistenza di strumenti musicali del genere dei liuti sin dall'antico Egitto. Il liuto, come lo si conosce oggi (cassa armonica convessa a forma di pera costruita con doghe incollate) appare presumibilmente intorno al VI secolo in Asia Minore. Anzi è proprio il nome a tradirne l'origine: il termine "liuto" deriva infatti, attraverso varie forme ("lauto", "leuto"...) dall'arabo al oud (i.e. "legno"). Gianfranco Lotti suggerisce che questo termine fosse derogativo perché ogni musica instrumentale fu vietata nei primi secoli dell'Islam. Inoltre la necessità di disporre, negli ensemble di liuto, di strumenti a cui affidare le parti gravi dell'accompagnamento, portò allo sviluppo dell'arciliuto, di dimensioni più grandi e con un numero di corde maggiore. Come per molti strumenti musicali, il liuto cadde in disuso dapprima in Spagna, sostituito dalla vihuela, e poi nel resto del continente (sec. XVIII).
StuPanda |
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