sabato 5 aprile 2014

Il Clavicembalo elettrico



Il clavicembalo elettrico (in francese: clavessin électrique o clavecin électrique) è uno strumento musicale ideato nel 1759 dal fisico e matematico francese Jean-Baptiste Thillais Delaborde, e risulta essere lo strumento musicale elettrico più antico ad essere giunto fino ai nostri giorni. Il prototipo di Delaborde è attualmente conservato presso la Bibliothèque nationale de France di Parigi. Il nome clavicembalo è inappropriato per tale strumento, in quanto esso non presenta alcuna analogia con il cordofono barocco, essendo invece molto più prossimo ad un carillon. Tale scelta è stata fatta da Delaborde per conferire maggiore dignità allo strumento, sostenendo la netta superiorità della sua invenzione rispetto ad un carillon. Come annotava lo stesso Delaborde, il timbro dello strumento assomigliava ad un registro organistico di tremolo. Lo studio della generazione di suoni per mezzo di fenomeni elettrici iniziò verso gli anni Trenta del XVIII secolo, e il clavicembalo di Delaborde ne divenne uno degli esempi più noti pur venendo anche definito nei decenni successivi alla sua invenzione una "fantasticheria senza utilità" (rêverie sans utilité). L'autore lo descrive nella seguente maniera: Delaborde descrisse per la prima volta il suo strumento in due lettere nel Journal de Trevoux e successivamente in un'opera dal titolo Le clavessin électrique: avec une nouvelle théorie du méchanisme et des phénomènes de l'électricité (Il clavicembalo elettrico: con una nuova teoria del meccanismo e dei fenomeni dell'elettricità), pubblicata a Parigi presso gli editori Guerin et Delatour nel 1761.
« La materia elettrica n'è l'anima, come l'aria è quella dell'organo; il globo fa le veci del mantice, e 'l conduttore del porta-vento. Nell'organo il tasto è come un freno, con cui si modera l'azione dell'aria; ho posto lo stesso freno alla materia elettrica, malgrado la sensibilità sua, la sua agilità. L'aria rinchiusa nell'organo vi geme, fino a tanto che l'organista, come un altro Eolo, le apre le porte del suo carcere. Se egli togliesse nello stesso tempo tutte le barriere che l'arrestano, altro non produrrebbe che una confusione e un disordine grandissimo, egli però fa farla sortire [...] con discernimento. La materia elettrica dimora ancor essa come rinchiusa, e si fa sentire inutilmente all'intorno delle campane del nuovo cembalo, fino a tanto che le vien data la libertà, coll'abbassare i tasti: ne sorte allora con celerità grande, cessa però d'operare, subito che i tasti rimontano. Questa specie di cembalo ha eziandio un vantaggio, che gli altri non hanno; cioè che laddove ne' cembali ordinarj il suono non continua che indebolendosi; nell'organo e nel cembalo elettrico conserva tutta la forza che le dita rimangono su i tasti. »
Lo strumento era una sorta di carillon basato su un meccanismo analogo ai moderni campanelli elettrici. Per ogni nota erano presenti due campane unisone, che con il rispettivo battente (uno per ogni coppia di campane) pendevano da delle sbarre di ferro. Tali sbarre erano caricate da un generatore elettrico. Era presente una tastiera, impiegata dal musicista per suonare lo strumento. Ogni tasto era una leva collegata ad un interruttore elettrico. Alla pressione del tasto corrispondente ad una nota, una delle due campane veniva messa a terra ed isolata, scaricandosi. Il battente, per effetto di forze elettriche, oscillava dunque tra la campana carica e quella scarica, percuotendole ed emettendo il suono dello strumento fino a quando il tasto non veniva rilasciato. Siccome ogni tasto era in proporzione della sua leva, ed ogni leva della sua campana, si potevano suonare sullo strumento i medesimi pezzi che si eseguono sul clavicembalo o sull'organo.

StuPanda 

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